Intervista a Mancio
Ciao Andrea, benvenuto su Beatmakings! In tutta franchezza il tuo nome non ci era noto, ma hai esordito con un estratto dal tuo EP che porta con se grandi aspettative. Insomma, chi sei? Da dove vieni e qual è il tuo background?
Ciao ragazzi, mi chiamo Andrea Mancini, in arte “Mancio” come già sapete; ho vent’anni e sono nato e vissuto a Torino. Ho frequentato il Liceo Scientifico e ora studio Informatica all’Università. Nella mia vita, la musica ha sempre svolto un ruolo fondamentale. Ho iniziato a studiare pianoforte all’età di cinque anni e quando ho finito le elementari, sono entrato al Conservatorio. E’ sempre un po’ faticoso portare avanti due studi contemporaneamente ma se c’è passione, lo sforzo si riduce notevolmente! All’età di 15 anni ho iniziato ad ascoltare musica elettronica e due anni dopo ho prodotto il mio primo beat.
Sappiamo della tua formazione al conservatorio: ci parli delle competenze che hai acquisito? Quanto è importante una formazione classica nell’operato di un beatmaker?
Diciamo che una formazione classica può essere molto d’aiuto… La musica classica è un po’ come il latino, ti apre la mente. Lo studio dell’armonia è fondamentale per capire le concatenazioni ottimali di accordi e melodie ed inoltre, un buon orecchio, rende più facile e immediata la loro stesura. Il solfeggio invece può aiutare dal punto di vista ritmico. Nella composizione di un beat però penso che l’immaginazione e la creatività siano i due elementi dominanti!
Quali sono gli artisti che hanno influenzato il tuo percorso umano e musicale?
Sin da piccolo sono stato abituato dai miei genitori ad ascoltare musica. Sono cresciuto con artisti degli anni 60′ e 70′ come Jimi Hendrix, Santana , i Deep Purple ed i Led Zeppelin. Poi, entrato a contatto con la sfera elettronica, ho iniziato con Trap e Dubstep, ascoltando producers come Stooki Sound, TroyBoi, Nghtmre e Aazar. Negli ultimi anni invece mi sono appassionato a sonorità come quelle di Mura Masa, Sam Gellaitry fino ad arrivare a Flying Lotus. E pensare che al Conservatorio suono Mozart e Beethoven…
Cos’è per te il beatmaking? Cosa ti ha spinto ad approcciarti alla disciplina e cosa ti ci mantiene legato oggi?
Trovo il beatmaking una bellissima disciplina in tutti i suoi aspetti. Penso che un beat debba subito cogliere l’attenzione dell’ascoltatore per la sua particolarità. A volte qualche suono in più fa la differenza nel contesto generale. Amo quando un beat è avvolgente, dev’essere capace di trasportarti in una realtà diversa. Cerco spesso di riflettere la mia personalità o un mio stato d’animo in un beat, ed è questo che mi tiene legato alla loro produzione.
Come nasce un beat di Mancio? C’è una metodologia ricorrente nella nascita del beat? Sei affezionato a qualche strumento in particolare, analogico o digitale che sia?
Spesso improvviso al pianoforte in chiave jazzistica, magari vengo colpito da qualche melodia o accordo in particolare e successivamente cerco di riprodurre il tutto su Ableton. Grazie ai synths digitali come “Massive” avviene la magia! Altre volte invece, l’idea nasce semplicemente ascoltando musica. Utilizzo spesso batterie in stile Trap, alcune ispirate alla mitica TR-808, altre un po’ più calcate.
Che cos’è o chi sono gli Hi-jinks?
Hi-jinks è un progetto che portiamo avanti io ed un mio vecchio compagno del liceo, Riccardo. Tutto iniziò un paio di anni fa quando il Rough Dive Bar, in San Salvario (noto quartiere della movida torinese) ci diede la disponibilità per organizzare una serata di musica elettronica (attiva tutt’ora). Abbiamo suonato inoltre per il Centralino Club (sempre a Torino) e lo scorso luglio ad un evento situato nell’isola di Malta. Il nostro sound spazia su tutta la scena della Bass Music ed inoltre sono anche in corso alcune produzioni interessanti! Condividere musica penso sia una cosa fondamentale e, con questo progetto, stiamo cercando di riunire gli appassionati del genere e di farlo conoscere ed apprezzare il più possibile in città.
LifeLong esce il 9 Marzo, portando con se un ondata di freschezza che sembra voglia anticipare la primavera: è caratterizzato da un suono originale e innovativo, talvolta riprendendo le sonorità del momento ma in una chiave molto ricercata. Ti va di parlarci di come è nato l’EP?
Sono contento che abbiate trovato l’EP innovativo e originale. La produzione dell’EP è iniziata l’estate scorsa, a Ceriale, un piccolo paese ligure in provincia di Savona, in cui trascorro spesso le vacanze estive. Il clima e l’ambiente del posto sono sempre fonte di ispirazione e da questi paesaggi, sono nate le prime bozze.
Tornato poi a Torino per riprendere gli studi ho affinato le idee e nei mesi successivi, ho prodotto altre due tracce, più un’intro. Questo contrasto tra il clima estivo della Liguria e la fredda città invernale ha caratterizzato l’intero “mood” dell’EP in cui suoni caldi e freddi si intrecciano continuamente.
Come definiresti il tuo stile? C’è un messaggio che credi sia fondamentale sottolineare per far conoscere a pieno la tua arte?
In realtà non c’è un’unica definizione per il mio stile, la varietà porta ad incastri di generi diversi. L’importante forse è proprio spaziare per creare qualcosa di nuovo per poi unire il tutto con coerenza. Come ho già detto, amo condividere musica ed in questo caso ho avuto la possibilità grazie ad Hashetic Front Records di condividere le mie produzioni. Agli ascoltatori però, consiglio di ampliare gli orizzonti e non focalizzarsi mai su un unico genere, apprezzare la diversità è fondamentale, soprattutto nella musica!
Ti ringraziamo per la chiacchierata e ci arrendiamo all’idea che LifeLong uscirà 5 lunghissimi giorni, sempre che non vengano rilasciate ulteriori esclusive a riguardo 😉