Intervista a Shazwa
E’ da poco uscito con Estensioni, un album strumentale che ci ha sorpreso con ritmi mai scontati e per l’utilizzo magistrale del campionatore.
Abbiamo dunque deciso di fare fatto quattro chiacchiere con Shazwa per saperne di più sulla persona e sul suo percorso artistico. Buona lettura!
Chi è Shazwa? Quando e come ti sei avvicinato alla musica e più in particolare al beatmaking?
Sono un beatmaker hip hop e DJ della periferia del padovano, e faccio parte del collettivo rap emergente Ida Killa Crew nelle vesti di produttore. Nel corso degli anni ho partecipato a diversi beatcontest (online e non) proponendo strumentali di carattere introspettivo e duro, ma nel contempo ritmico. In queste occasioni ho avuto l’opportunità di venire in contatto con diversi membri della scena underground del beatmaking, e di farmi un’ idea su quale sia la mia vocazione. Ho prodotto diversi rapper emergenti in giro per l’Italia, ma in particolare nel bacino locale padovano. Prima di avvicinarmi volontariamente all’hip hop ascoltavo un po di tutto, preso da quello che ascoltavano i miei amici del periodo delle medie: dai Linkin Park a Guru Josh Project, da Ludacris ai Crookers, The Game a J Holiday. In casa comunque nuotavo in un ambiente hip hop essendo il fratello minore di un rapper e di un breaker. Appena il laptop di uno dei miei fratelli era libero mi divertivo a cazzeggiare su magic music maker ,questo ancora quando avevo circa 11 anni. Ho sempre avuto una sorta di timore verso l’approccio ad un progetto perchè fare una canzone è complesso ed impegnativo, per cui mi ci è voluto molto prima di capire che era ciò che volevo fare. Nel frattempo ho scoperto il rap, formato diversi gruppi e girato la mia città facendo lo studio di registrazione porta a porta. Solo a circa 17 anni ho deciso di rimboccarmi le maniche su dei pad. Il mio contatto con la musica elettronica avviene quasi spontaneamente, per via del forte interesse nell’introdurre particolari nuovi e complessi nelle produzioni, spaziando tra: detroit techno, idm, mellow hop, trap, insieme a funk e rock psichedelico.
Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il tuo percorso artistico, dando origine al tuo stile?
Prendo ispirazione da artisti come Black Milk, The Gaslampkiller, eLan, Flying Lotus, Brenk Sinatra & Fid Mella, Dibia$e, Madlib e molti altri. Mi sono avvicinato ai campionatori osservando performare Araab Muzik, Nosaj Thing e Tim Exile. Da qui ho incominciato a apprezzare il mondo della musica elettronica e a personalizzare la mia performance, imparando tecniche di fingerdrumming e programmando un mio live set.
Cos’è per te il beatmaking? Cosa ti ha spinto ad approcciarti alla disciplina e cosa ti ci mantiene legato oggi?
Il beatmaking per me è un modo per esprimere quello che sento, non sottovaluto mai la potenza che mi evoca un suono o una voce. Questa mi scatena un impulso irrefrenabile di catturare quel suono dalla mia mente e riprodurlo in sequenza. Sia in studio che fuori. In studio non sempre ne viene qualcosa di buono al momento, di solito impiego diverse mani di taglia e cuci prima che venga un prodotto decente se ne vedo il potenziale. Non ho una formazione musicale, oltre ai tutorial su youtube insomma, per cui il mio processo creativo non è sempre immediato.
Definisci “Estensioni” con un aggettivo! E poi, se ti va, raccontaci come’ è nato questo bel lavoro e quali erano gli obiettivi che ti eri preposto nella sua realizzazione.
Se dovessi scegliere un aggettivo direi “spontaneo”. Non tanto per il processo di lavorazione, ma per quello che dice di me. Nasce da una raccolta di tracce lasciata in sospeso da circa 5 anni, perché non riuscivo mai a sviluppare le singole tracce in una maniera tale che mi piacessero. Il titolo nasce quasi per caso. Volevo creare un album che avesse un filo conduttore pur contenendo diverse caratteristiche di genere prese dagli artisti che maggiormente mi hanno influenzato. Cosi ho deciso di intitolare le tracce con il nome delle estensioni dei formati di riproduzione audio. La scelta è stata casuale, tranne per gli skit (cartelle senza nome) che rappresentano delle pause boom bap grezzo all’interno del progetto. L’idea era che fornissero una struttura attorno al quale far crescere la creatività delle altre tracce adiacenti.
Come nasce un beat di Shazwa? C’è una metodologia ricorrente nella nascita del beat? Sei affezionato a qualche strumento in particolare, analogico o digitale che sia?
Col tempo mi sono formato diversi approcci alla creazione del beat. A volte parto campionando col Korg kp3 (ad esempio con “cartella senza titolo”), a volte dall’sp 404 (“eject”), a volte invece dal sequencer di Ableton (“wav”). I primi due inizialmente li ho presi per sostituire il pc nelle mie performance live, in studio mi capita poco spesso di metterci mano. Diciamo che sono più comodo a tagliare su Ableton, ma non per questo lo preferisco all’analogico. Anzi! Meno sto di fronte ad uno schermo più sono contento! Di base amo il taglia e cuci, per creare effetti glitchy e cinematici, inoltre vado matto per il looping.
Progetti futuri? Stai lavorando a qualcosa?
Musicalmente di personali no. Ora penso di portare avanti il mio format di beatcontest “Dig the Gig”, sto collaborando con diversi rapper nel padovano e fuori dal veneto, e vedo di concludere gli studi universitari.
C’è un messaggio che credi sia fondamentale sottolineare per far conoscere a pieno la tua arte?
Segui il groove.
Vi lasciamo all’ascolto di questo piccolo capolavoro del Lo-Fi! Buon ascolto.