Come promesso il capitolo di oggi sarà meno tecnico e più focalizzato sulle tappe che hanno portato il sintetizzatore ad essere lo strumento di maggiore impatto nel ventesimo secolo.
Nonostante la lezione di oggi sia ricca di cenni storici e curiosità, verranno descritte alcune importanti caratteristiche relative alla polifonia ed al voltaggio.
Consigliamo quindi una lettura appassionata di quanto segue, ed un ripasso del
capitolo precedente per avere cognizione dei termini che useremo.
Una delle figure chiave fu la produttrice Rachel Elkind che nel 1968 rimase affascinata dai rifacimenti tramite sintetizzatore di alcune opere di Bach per mano del fonico Walter Carlos (divenuto Wendy Carlos dopo il cambiamento di sesso).
Rachel decise di produrne un album e vide cosi la luce “Switched on Bach” il disco che non solo definì il sintetizzatore come strumento vero e proprio, ma diede origine ad un intero filone musicale.
La nascita dei sintetizzatori compatti (o integrati) favorì ulteriormente la diffusione di questo strumento, poiché erano precablati internamente.
Non necessitavano quindi di collegamenti esterni tramite cavi al contrario dei sintetizzatori modulari, in cui il segnale elettrico doveva essere fisicamente trasportato da un modulo all’altro per essere modificato.
In più i nuovi sinth erano adatti a performance in quanto trasportabili, caratterizzati da una dotazione minima (indispensabile) di moduli e da prezzi ridotti.
Ebbe inizio in questo modo la vendita sistematica nei negozi, e mentre Buchla scelse di restare al di fuori di un qualsiasi circuito commerciale, videro la luce numerose case produttrici.
La ARP (Alan R. Pearlman) diede origine verso la fine degli anni settanta al suo primo modello, l’ “ARP 2500”, dotato di “Matrix switching system” (i collegamenti non si ottenevano tramite cavi, ma tramite degli scambi, levette). Il modello compatto di questa casa produttrice venne chiamato Odyssey, e fu dotato di sliders anziché potenziometri.
La EMS (Electronic Music Studios) , con sede a Londra, si impose sulla produzione europea. Il “SINTHY VCS3” fu un sintetizzatore compatto e modulare caratterizzato da dei collegamenti a “matrice di pin” (sistema a battaglia navale in cui inserendo una punta metallica a delle precise “coordinate” si metteva in collegamento una determinata uscita con un determinato ingresso). Altri rilevanti modelli prodotti da questa casa furono il “SINTHY A”,di dimensioni inferiori a una ventiquattrore, e il “SINTHY 100”, un grossissimo modulare.
Alla casa produttrice OBERHEIM si deve l’ invenzione dei primi sintetizzatori polifonici. Il primo passo è stato il “SEM” (synthetizer expander module), un piccolo sintetizzatore compatto non dotato di una tastiera ma progettato su un volt per ottava. Questa caratteristica permetteva di collegarlo ad un altro sintetizzatore e quindi mandare lo stesso voltaggio a due sintetizzatori ottenendo due note uguali. Il passo successivo è stato il “4 VOICES”, composto da quattro SEM collegati e quindi in grado di originare quattro note diverse.
Si capisce che per il funzionamento del “4 VOICES” era necessaria un interfaccia in grado di inviare 4 voltaggi contemporaneamente, e l’invenzione di questo strumento, noto come “digital scanning keyboard” (tastiera a scansione digitale) si deve alla casa produttrice EMU. La particolarità di questa tastiera risiedeva nel fatto che un computer interno faceva in modo che ogni tasto aggiuntivo premuto mandasse un voltaggio a un Sem diverso. Giunti a dover suonare il quinto tasto il primo Sem interpellato riceveva un nuovo voltaggio. Il microprocessore controllava continuamente la tastiera per verificare se era stato premuto o rilasciato un nuovo tasto (scanning).
Caratteristiche del 4voices erano delle memorie in grado di salvare le impostazioni scelte, inoltre con un solo pannello era possibile regolare i potenziometri di tutti i Sem. Una volta fatto ciò si potevano memorizzare i valori elettrici di ogni potenziometro e richiamarlo con un semplice tasto.
La casa produttrice SCI (Sequential Circuits Inc.) diede successivamente vita al “PROPHET 5“, un polifonico a cinque voci in cui i moduli dei singoli sintetizzatori non erano più visibili, in quanto lo strumento era dotato di un solo pannello in grado di comandare tutte le voci di tutti i moduli (tipico esempio di tecnologia invisibile).
Nonostante la diffusione dei polifonici la produzione di monofonici non fu interrotta a causa del basso costo di questi ultimi.
Nel prossimo capitolo cominceremo finalmente ad esaminare i vari moduli che compongono il sintetizzatore, spiegandone il funzionamento e rendendoti capace di ottenere il suono che ricerchi partendo dal segnale elettrico.
A presto!